Venerdì 27 aprile 2018 alle ore 17.30 presso il Circolo della Stampa di Trieste (Corso Italia, 13)
verrà presentato
Il bibliotecario di Ventotene. Mario Maovaz: un rivoluzionario per l’Europa dei popoli e l’autonomismo triestino.
Introdurrà Anna Maria Vinci ed interverrà l’autore Roberto Spazzali.
Il libro appartiene alla collana Ricerche dei Quaderni di Qualestoria e tratta la complessa vita di Mario Maovaz, una vita interamente spesa a realizzare un grande sogno mazziniano di emancipazione e libertà. Nato sulla costa croata, ma di sentimenti italiani e di cultura profondamente mediterranea ed europea, partecipa ai moti popolari di Odessa nel 1905, a quelli di Pola nel 1918 e, nello stesso anno, anche alle giornate triestine del tracollo austriaco di fine ottobre. Nel dopoguerra diventa imprenditore a Monfalcone, garantendo una vita agiata alla moglie e ai figli. Agli inizi degli anni Trenta il forte richiamo della politica fa sì che diventi uno degli animatori locali del gruppo cospirativo Giustizia e Libertà. L’azione di una spia ne svela le trame e Maovaz viene arrestato e assegnato al confino. Al suo ritorno, riallacciati i contatti con Giustizia e Libertà, viene nuovamente arrestato e destinato, tra le altre reclusioni, all’isola di Ventotene. Qui, tra i confinati, diventa bibliotecario e conosce Ernesto Rossi, con il quale condivide il progetto politico europeista contenuto nel Manifesto di Ventotene. Caduto il fascismo, nell’estate 1943 viene liberato e giunge a Trieste, dove si avvicina al Partito d’Azione. Successivamente aderisce a “Trieste libera”, movimento autonomista che propugna l’indipendenza della Venezia Giulia, e in breve tempo ne diviene il maggiore rappresentante. Progressivamente isolato dai maggiori partiti italiani e decisamente osteggiato dal Fronte di liberazione sloveno, l’antifascista Maovaz continua comunque la sua battaglia per l’autonomismo. In seguito al rinvenimento di documenti e di una delazione, nel gennaio 1945 viene arrestato dall’Ispettorato speciale di pubblica sicurezza e torturato dal famigerato Gaetano Collotti.
Rimane in carcere fino al 28 aprile 1945, segnato nel corpo dalle accanite violenze. Viene prelevato insieme ad altri ostaggi e fucilato al poligono di tiro di Opicina, due giorni prima dell’insurrezione cittadina.
Nel 1965 gli è stata intitolata una strada periferica del borgo operaio di San Sergio e oggi la sua salma riposa accanto a quella della moglie nel cimitero comunale di S. Anna a Trieste.