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Cittadinanza e Costituzione

Venerdì 1 dicembre 2017, alle ore 17, nella Sala “Tiziano Tessitori”
Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia
Piazza Oberdan, 5 – Trieste

VIVERE A TRIESTE DURANTE IL FASCISMO

Lezione aperta alla cittadinanza con interventi di:

Anna Maria Vinci: Società, politica e mondo del lavoro nella Trieste fascista
Štefan Čok: La comunità slovena e il fascismo a Trieste
Mauro Tabor: Gli ebrei triestini e il fascismo

Le relazioni saranno intervallate da letture di Sara Alzetta tratte da testimonianze di Luciano Rapotez, Savina Rupel e Bruna Levi Schreiber

 

Testo sul raduno delle destre a Trieste

Recenti episodi di cronaca, con l’aggiunta di un prospettato raduno a Trieste delle destre europee nei primi giorni di dicembre, stanno cercando di riportare alla ribalta le più logore parole d’ordine del nazionalismo, riproponendo quell’aspro clima di contrapposizione che aveva inquinato, così a lungo in passato, la vita politica e civile di tutta l’area alto-adriatica.
Questo salto all’indietro nel tempo ci addolora e ci indigna. In particolare, è il messaggio di Trieste “Madonna della destra italiana” che non deve passare. Il previsto arrivo nel capoluogo della Regione dei principali esponenti della destra europea ammanta di tinte razziste e xenofobe il fosco nucleo di quello che per Trieste non è mai stato un “sano patriottismo”.
Amare la Patria ha avuto in questa città molteplici espressioni. Poteva indicare l’amore per la propria identità nazionale, per la propria lingua e cultura, non disgiunto da quello nei confronti di altri popoli qui conviventi; poteva significare il sogno di una Patria migliore e la lotta per quell’ideale. Molti uomini e donne hanno sacrificato i loro giorni per un patriottismo inclusivo, il patriottismo della libertà, della pace e del rispetto reciproco: tra italiani e sloveni soprattutto, e poi ancora tra italiani e austriaci, armeni, croati, greci, ebrei, serbi, turchi. La bellezza di questa città si è costruita sulla molteplicità di presenze nazionali, linguistiche e religiose che l’hanno resa unica nel panorama italiano.
Se si vuole al contrario ripercorrere la strada delle sofferenze, il pensiero deve andare al patrimonio materiale e immateriale che Trieste ha perso a causa dei nazionalismi e poi, soprattutto, nel corso del ventennio fascista. Quel preziosissimo patrimonio di radici e culture plurime è stato impoverito e ridotto a brandelli dalla violenza del fascismo di confine e dal suo progetto totalitario.
Ci indigna la mancanza di memoria riguardo a un passato così tragico: dall’attacco brutale delle squadre fasciste fino alle leggi contro l’uso pubblico della lingua slovena e croata, ai campi d’internamento, ai processi, alle condanne a morte, alle espulsioni, alla decapitazione di un’intera classe dirigente, messa al bando perché “non italiana e fascista”. L’identificazione tra italianità e fascismo è costata alla Venezia Giulia e all’intero Paese lacrime e sangue. Come si può dimenticare l’aggressione del regime fascista, in accordo con i nazisti, alla vicina Jugoslavia, con tutto il peso dello strazio che ne è seguito? Arresti, deportazioni, villaggi bruciati. E che maschera si può usare per ricacciare nell’ombra l’annuncio clamoroso delle leggi razziali in piazza Unità, a Trieste, per bocca dello stesso Mussolini nel 1938? La foltissima comunità ebraica condannata dai fascisti alla morte civile, si disintegrò nel giro di poco tempo per mano del feroce alleato nazista cui i rinati fascisti di Salò prestarono con zelo il proprio aiuto. La Risiera di San Sabba è il monumento nazionale che sta lì a ricordare tali misfatti: inquinamento dell’anima, ferite non sanabili. Cancellare questa tragedia con il sangue delle altre che seguirono non ha fondamento storico e soprattutto contraddice una reale consapevolezza civile e umana. Né è lecito scordare che è stata la scelta del fascismo di schierare l’Italia a fianco della Germania nazista nella guerra mondiale e di concorrere alla spartizione dei Balcani, la causa determinante della perdita della sovranità italiana su Zara, Fiume e l’Istria.
Mai più, si diceva fino a poco fa. Mai più si deve ripetere ora con forza: la dignità umana non accetta il furore rabbioso delle discriminazioni e dell’odio.